Addio al Pallone d'oro
Il premio finisce come sono finiti i premiati. Nel nulla. Oggi a Johannesburg, Sepp Blatter e il direttore di «France Football» annunceranno che il Pallone d’Oro, l’Oscar del calcio che dal 1956 dovrebbe indicare il giocatore più forte tra quanti sono in Europa, perderà l’identità: verrà fatto confluire, probabilmente dal 2011, in un altro premio insieme al Fifa World Player, praticamente il suo doppione. La differenza tra le due classifiche stava nella composizione della giuria: per l’una votavano i giornalisti, per l’altra i tecnici ma il giudizio confluiva quasi sempre sulla stessa persona perché i criteri in base ai quali si decide che un calciatore è il più forte di tutti sono trasversali. Gol, classe, carisma e immagine. Più o meno come al bar.
Si perde un marchio storico del calcio, il tormentone che accompagnava ogni intervista ad un campione a partire più o meno dal mese di maggio: «Senti che puoi vincere il Pallone d’Oro?», era la domanda. La si è fatta a Milito dopo la finale di Champions League, ora c’è chi la pone a Sneijder. Non si potrà invece porla a Messi, l’ultimo vincitore. E neppure a quelli che l’hanno preceduto perché il Mondiale sta dimostrando che i più forti del mondo (o presunti tali) vanno a casa prima degli altri. Cannavaro, Kakà, Cristiano Ronaldo e il piccolo genio del Barcellona sono gli ultimi premiati e non ce n’è uno che si sia salvato: non è che siano andati maluccio, sono andati proprio malissimo tanto che per Cannavaro e Kakà sarà impossibile entrare tra i 30 candidati tra cui si voterà il vincitore del prossimo e probabilmente ultimo Pallone d’Oro. Ronaldo e Messi vi si infileranno ma solo per quanto hanno fatto nei club e perché sono troppo popolari.
Dall’oro alla latta il passaggio è stato brusco però non è insolito. Nel 2005 i primi dieci furono: Ronaldinho, Lampard, Gerrard, Henry, Shevchenko, Maldini, Adriano, Ibrahimovic, Kakà e Eto’o. Non ce n’è uno che abbia lasciato il segno nel Mondiale giocato pochi mesi dopo: persino Henry fu tra i meno decisivi nel portare la Francia in finale. Nel 2001, ai primi cinque posti c’erano: Owen, Raul, Kahn, Beckham e Totti. Soltanto il portiere tedesco si rivelò protagonista ai Mondiali in Giappone e Corea. Questa volta però il flop sembra più forte. Dei primi dieci dell’ultimo Pallone d’Oro possono diventare campioni del mondo soltanto Xavi e Iniesta, dei primi 30 soltanto in sette tra cui Fernando Torres che insieme a Iniesta è tra i meno brillanti della Spagna. Invece non c’era in classifica neppure un tedesco o un olandese. C’è da pensare che basta essere baciati dalla candidatura al premio per sgonfiarsi in pochi mesi.
Non è esattamente così. «Da un anno all’altro il rendimento può cambiare perché il calcio è uno sport di squadra e se la squadra non funziona il singolo fatica a realizzarsi», dice Arséne Wenger, il tecnico dell’Arsenal incontrato all’Ellis Park per Spagna-Paraguay. Prendete Messi. «Maradona non ha capito quello che diceva il brasiliano Luxemburgo: è la squadra che deve lavorare perché il fuoriclasse si esalti. Nel Barcellona ha Xavi e Iniesta che giocano per lui, nell’Argentina Messi non ha avuto nessuno», scrive il quotidiano «Pagina 12». Ed è vero che si è congedato con un capitale di 30 tiri di cui 15 nella porta: se Messi non ha segnato è anche per la bravura dei portieri, soprattutto quello della Nigeria nella prima partita. Il giudizio e l’immagine sono però negativi. Già in Coppa contro l’Inter la favola di Messi si era imbattuta nell’orco Zanetti, scomparendo. Con i tedeschi ha vissuto il replay. «Quando gli tolgono lo spazio diventa umano, ci è mancata la sua poesia», commenta il Clarín.
Forse le ammaccature che si contano sui Palloni d’Oro dopo questo Mondiale saranno salutari. Toglieranno un po’ di divismo. Nel giudicare Ronaldo, ad esempio, non ci si potrà scordare dell’uscita ingloriosa dopo la partita contro la Spagna, in cui si è visto poco fino al momento in cui ha sputato contro una telecamera: è una scena che non farà vedere al figlio, di cui ha dato l’annuncio ieri, però la ricorderemo come l’unica immagine del suo Mondiale. In attesa che David Villa (due segnalazioni l’anno scorso) o Forlan o Sneijder o Robben o Mueller o Klose, insomma i figli del Mondiale si mettano in lista per il prossimo premio. Chi vincerà il Pallone d’Oro?

Il premio finisce come sono finiti i premiati. Nel nulla. Oggi a Johannesburg, Sepp Blatter e il direttore di «France Football» annunceranno che il Pallone d’Oro, l’Oscar del calcio che dal 1956 dovrebbe indicare il giocatore più forte tra quanti sono in Europa, perderà l’identità: verrà fatto confluire, probabilmente dal 2011, in un altro premio insieme al Fifa World Player, praticamente il suo doppione. La differenza tra le due classifiche stava nella composizione della giuria: per l’una votavano i giornalisti, per l’altra i tecnici ma il giudizio confluiva quasi sempre sulla stessa persona perché i criteri in base ai quali si decide che un calciatore è il più forte di tutti sono trasversali. Gol, classe, carisma e immagine. Più o meno come al bar.
Si perde un marchio storico del calcio, il tormentone che accompagnava ogni intervista ad un campione a partire più o meno dal mese di maggio: «Senti che puoi vincere il Pallone d’Oro?», era la domanda. La si è fatta a Milito dopo la finale di Champions League, ora c’è chi la pone a Sneijder. Non si potrà invece porla a Messi, l’ultimo vincitore. E neppure a quelli che l’hanno preceduto perché il Mondiale sta dimostrando che i più forti del mondo (o presunti tali) vanno a casa prima degli altri. Cannavaro, Kakà, Cristiano Ronaldo e il piccolo genio del Barcellona sono gli ultimi premiati e non ce n’è uno che si sia salvato: non è che siano andati maluccio, sono andati proprio malissimo tanto che per Cannavaro e Kakà sarà impossibile entrare tra i 30 candidati tra cui si voterà il vincitore del prossimo e probabilmente ultimo Pallone d’Oro. Ronaldo e Messi vi si infileranno ma solo per quanto hanno fatto nei club e perché sono troppo popolari.
Dall’oro alla latta il passaggio è stato brusco però non è insolito. Nel 2005 i primi dieci furono: Ronaldinho, Lampard, Gerrard, Henry, Shevchenko, Maldini, Adriano, Ibrahimovic, Kakà e Eto’o. Non ce n’è uno che abbia lasciato il segno nel Mondiale giocato pochi mesi dopo: persino Henry fu tra i meno decisivi nel portare la Francia in finale. Nel 2001, ai primi cinque posti c’erano: Owen, Raul, Kahn, Beckham e Totti. Soltanto il portiere tedesco si rivelò protagonista ai Mondiali in Giappone e Corea. Questa volta però il flop sembra più forte. Dei primi dieci dell’ultimo Pallone d’Oro possono diventare campioni del mondo soltanto Xavi e Iniesta, dei primi 30 soltanto in sette tra cui Fernando Torres che insieme a Iniesta è tra i meno brillanti della Spagna. Invece non c’era in classifica neppure un tedesco o un olandese. C’è da pensare che basta essere baciati dalla candidatura al premio per sgonfiarsi in pochi mesi.
Non è esattamente così. «Da un anno all’altro il rendimento può cambiare perché il calcio è uno sport di squadra e se la squadra non funziona il singolo fatica a realizzarsi», dice Arséne Wenger, il tecnico dell’Arsenal incontrato all’Ellis Park per Spagna-Paraguay. Prendete Messi. «Maradona non ha capito quello che diceva il brasiliano Luxemburgo: è la squadra che deve lavorare perché il fuoriclasse si esalti. Nel Barcellona ha Xavi e Iniesta che giocano per lui, nell’Argentina Messi non ha avuto nessuno», scrive il quotidiano «Pagina 12». Ed è vero che si è congedato con un capitale di 30 tiri di cui 15 nella porta: se Messi non ha segnato è anche per la bravura dei portieri, soprattutto quello della Nigeria nella prima partita. Il giudizio e l’immagine sono però negativi. Già in Coppa contro l’Inter la favola di Messi si era imbattuta nell’orco Zanetti, scomparendo. Con i tedeschi ha vissuto il replay. «Quando gli tolgono lo spazio diventa umano, ci è mancata la sua poesia», commenta il Clarín.
Forse le ammaccature che si contano sui Palloni d’Oro dopo questo Mondiale saranno salutari. Toglieranno un po’ di divismo. Nel giudicare Ronaldo, ad esempio, non ci si potrà scordare dell’uscita ingloriosa dopo la partita contro la Spagna, in cui si è visto poco fino al momento in cui ha sputato contro una telecamera: è una scena che non farà vedere al figlio, di cui ha dato l’annuncio ieri, però la ricorderemo come l’unica immagine del suo Mondiale. In attesa che David Villa (due segnalazioni l’anno scorso) o Forlan o Sneijder o Robben o Mueller o Klose, insomma i figli del Mondiale si mettano in lista per il prossimo premio. Chi vincerà il Pallone d’Oro?
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