Ignazio96

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9 Marzo 2008
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Anime (アニメ, Anime
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]), dall'abbreviazione di animeshōn, traslitterazione giapponese della parola inglese animation, "animazione") è un neologismo con cui in Giappone, a partire dalla fine degli anni settanta,[1] si indicano l'animazione ed i cartoni animati, fino ad allora chiamati dōga eiga (動画 映画,, dōga eiga? film animato) o manga eiga (漫画 映画,, manga eiga? film di fumetti), mentre in Occidente viene comunemente utilizzato per indicare le opere di animazione di produzione giapponese,[2] comprese quelle precedenti l'esordio del lemma stesso.



Definizione


Secondo un'accezione generica in Occidente si tende a definire anime come sinonimo di "cartone animato giapponese", sennonché una simile definizione, per quanto non sbagliata, non fornisce l'esatta idea della complessità e della varietà che caratterizzano questo medium.[4] Nonostante un ormai sorpassato luogo comune occidentale che riduce l'animazione giapponese ad un prodotto rivolto ad un pubblico infantile o, al contrario, a carattere pornografico, confondendo in entrambi i casi una parte per il tutto, in realtà l'anime è allo stesso tempo un prodotto di intrattenimento commerciale, un fenomeno culturale popolare di massa ed una forma d'arte tecnologica.[5] Esso è potenzialmente indirizzato ad ogni tipo di pubblico, dai bambini, agli adolescenti, agli adulti, fino ad arrivare ad una specializzazione del targeting sostanzialmente mutuata da quella esistente per i manga (fumetti giapponesi), con anime concepiti per categorie socio-demografiche specifiche quali impiegati, casalinghe, studenti, e via dicendo. Essi, pertanto, possono trattare soggetti, argomenti e generi molto diversi tra loro come amore, avventura, fantascienza, storie per bambini, letteratura, sport, fantasy, erotismo ed altro ancora.[6]

Format

Gli anime possono essere prodotti in diversi format: per la televisione come serie televisive, direttamente per il mercato home video come original anime video (OAV), per il cinema come lungometraggi, mediometraggi o cortometraggi e, più di recente, per internet e la web TV come original net anime (ONA).[7] In Giappone i format descritti vengono normalmente indicati rispettivamente come TV Anime (TVA), Original Video Anime (OVA), Movie e NET Anime (NETA).

Cenni storici

Il principio della storia dell'animazione giapponese può farsi risalire già alla fine del periodo Edo, quando alcuni pittori presero a riprodurre dettagliatamente sequenze di movimenti, come nel caso delle danze orientali disegnate da Katsushika Hokusai, ed in Giappone comparve l'utsushie (写し絵, utsushie?), una sorta di variante della lanterna magica. Tuttavia, i veri pionieri dell'animazione giapponese, colpiti dalle prime opere occidentali arrivate nel Sol Levante, furono il pittore Seitaro Kitayama, ed i vignettisti Oten Shimokawa e Jun'ichi Kōchi.[8]
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Immagine da Saru to kani no kassen ("La sfida tra la scimmia e il granchio") di Seitaro Kitayama, 1917


Basandosi su soggetti tradizionali, nel 1914 furono proprio loro ad iniziare a sperimentare, ognuno per conto proprio, delle tecniche di animazione rudimentali come, ad esempio, fotografare in sequenza disegni realizzati col gesso su una lavagna. Nel 1917, a pochi mesi l'uno dall'altro, furono presentati diversi filmati d'animazione frutto della loro fatica, all'epoca chiamati senga eiga (腺画 映画,, senga eiga? film di linee). Il primo a partire pare sia stato, nel 1916, Seitaro Kitayama con Saru to kani no kassen (サルとカニの合戦, Saru to kani no kassen?), prodotto dalla Nikkatsu Uzumasa, anche se ad essere proiettato per primo fu Imokawa Mukuzo genkanban no maki (芋川椋三玄関番の 巻, Imokawa Mukuzo genkanban no maki?) di Oten Shimokawa nel marzo del 1917, seguito a maggio dall'opera di Kitayama e a giugno da Hanawa hekonai meitō no maki (塙凹内名刀之巻, Hanawa hekonai meitō no maki?) di Jun'ichi Kōchi, che introdusse per la prima volta l'uso delle sfumature di grigio per le ombre. Del 1918 è invece Momotarō (桃太郎, Momotarō?), ancora di Kitayama, proiettato con successo anche in Francia. Certamente da menzionare tra i pionieri pure Sanae Yamamoto, che nel 1925 realizzò il cortometraggio Ubasute yama (姥捨て山, Ubasute yama?), e Noburo Ofuji, autore nel 1927 di Kujira (くじら, Kujira?), realizzato con una tecnica innovativa che conferiva maggiore fluidità ai movimenti rispetto al passato, e primo senga eiga ad essere importato e distribuito in Unione Sovietica. In particolare, Ofuji utilizzò una tradizionale carta semitrasparente (千代紙,, chiyogami?) su cui disegnò le silhouette dei personaggi, con risultati di maggiore suggestione nelle trasparenze e nelle ombre.
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Immagine da Chikara to onna no yo no naka ("Quello che conta al mondo sono la forza e le donne") di Kenzo Masaoka, 1932


Nel 1932 vide quindi la luce la prima produzione con il sonoro parlato, Chikara to onna no yo no naka (力と女の世の中, Chikara to onna no yo no naka?) di Kenzo Masaoka, che però non reggeva ancora il confronto con le coeve produzioni americane.[9] Proprio negli anni trenta, tuttavia, la politica espansionistica e nazionalista del Governo giapponese prese ad imporre uno stretto controllo sull'industria cinematografica e, conseguentemente, anche la produzione di animazione, caratterizzata da una cronica carenza di fondi, venne incoraggiata e finanziata soprattutto come strumento di propaganda e valorizzazione della cultura nipponica. E così il primo lungometraggio animato giapponese, Momotarō umi no shinpei (桃太郎 海の神兵, Momotarō umi no shinpei?) di Mitsuyo Seo, venne prodotto nel 1943 con fondi della Marina imperiale[10] per raccontare la storia patriottica di Momotaro, che con il suo esercito di animali antropomorfi pone sotto assedio e conquista una base navale nemica in Nuova Guinea. Complessivamente, tra il 1917 ed il 1945 furono realizzati almeno 400 filmati d'animazione, dei quali, tra terremoti, bombardamenti e censura governativa, è rimasto ben poco.[11]
Il dopoguerra

Finita la seconda guerra mondiale, la situazione dell'animazione giapponese mutò radicalmente, nel senso che la grave crisi economica conseguente rese molto difficile l'impegno di risorse nel settore. Ci vollero diversi anni perché l'attività riprendesse in modo costante, e la produzione che segnò l'inizio vero e proprio della «nuova era dell'animazione nipponica»[12] fu anche il primo lungometraggio animato a colori, nonché primo della neonata Toei Dōga: si tratta di Hakujaden (白蛇伝, Hakujaden?) di Taiji Yabushita (co-fondatore della Toei insieme a Sanae Yamamoto), realizzato nel 1958 e distribuito anche in Occidente (in Italia con il titolo "La leggenda del serpente bianco"). Ad esso seguirono numerosi altri lungometraggi prodotti dalla Toei, tra i quali Shōnen Sarutobi Sasuke (少年猿飛佐助, Shōnen Sarutobi Sasuke?) nel 1959, nonché Saiyuki (最遊記, Saiyuki?) di Osamu Tezuka nel 1960, Anju to Zushiōmaru (安寿と厨子王丸, Anju to Zushiōmaru?) nello stesso anno, e Arabian nights - Sindbad no boken (アラビアンナイト シンドバッドの冒険, Arabian nights - Sindbad no boken?) nel 1962, questi ultimi pure distribuiti in Occidente.[13]


Manga e televisione: nasce l'industria dell'anime


Tuttavia, l'industria dell'anime moderna deve senza dubbio la sua nascita e la sua fortuna a due fattori determinanti: da un lato l'esistenza risalente in Giappone di un mercato dei fumetti (manga) estremamente fiorente e dinamico, dall'altro l'avvento della televisione negli anni sessanta.[14] Il 1º gennaio 1963, giorno della messa in onda del primo episodio della serie televisiva in bianco e nero Tetsuwan Atom (Astro Boy) di Osamu Tezuka, può, pertanto, essere senz'altro considerata la data di nascita dell'industria moderna dell'animazione giapponese:[15] prodotta dalla Mushi Production, fondata dallo stesso Tezuka, e tratta dal suo omonimo manga, la serie riscuoterà un grande successo anche all'estero, e conterà alla fine ben 193 episodi, l'ultimo dei quali trasmesso in Giappone alla fine del 1966.[16] Primo anime televisivo seriale con puntate di trenta minuti, Tetsuwan Atom è, assieme al coevo Tetsujin 28-Go (Super Robot 28) tratto dal manga di Mitsuteru Yokoyama, anche il primo anime robotico, capostipite di un filone certamente tra i più rappresentativi dell'animazione giapponese,[17] che conoscerà il suo apice negli anni settanta con le saghe dei super robot di Go Nagai[18] ed il realismo inaugurato da Yoshiyuki Tomino.[19] Ulteriore e definitivo impulso alla neonata industria dell'animazione del Sol Levante venne poi ancora da Osamu Tezuka, che nel 1965 realizzò sempre con la Mushi anche la prima serie televisiva animata a colori di successo, Jungle taitei (Kimba il leone bianco), basata su un altro suo manga;[20] da questa, due anni dopo, lo stesso autore trasse il lungometraggio omonimo, molto più rifinito, che arrivò in Italia "camuffato" da produzione americana con il titolo Leo il re della giungla, e con il quale Tezuka vinse il Leone d'oro alla XIX Mostra del cinema per ragazzi di Venezia.[21]

Riferimenti culturali

Shintoismo e buddhismo

Lo shintoismo è la religione autoctona del Giappone, caratterizzata da una visione animistica della natura. Lo shin-tō (神道, shin-tō?) è la via degli dei, la condotta che si armonizza con gli spiriti della natura e degli antenati, i kami (神, kami?), generalmente positivi, cui si contrappongono gli oni (鬼, oni?), demoni violenti. Innumerevoli sono quindi i miti e le leggende tratti dalla tradizione shintoista, a cominciare da quelli raccolti nel Kojiki e nel Nihongi (testi risalenti al secolo VIII d.C.), che forniscono agli anime ben più di uno spunto per le storie che narrano.[35] In particolare, un tratto caratteristico dello shintoismo è proprio quello di combinare elementi fantastici e appartenenti a realtà situate oltre la normale soglia della percezione umana con l'ordinaria vita quotidiana, caratteristica che è facile riscontrare anche in moltissime opere animate giapponesi.[36]
Ma a giocare spesso un ruolo nella trama è anche il buddhismo, in particolare lo zen (禅, zen?). A prescindere dalla frequente presenza nelle storie di un monaco, sia in chiave caricaturale che seria, la tradizione zen, per il suo approccio pragmatico e diretto alla realtà, poco incline alla costruzione di sistemi concettuali che pretendano di spiegarla, ben si presta per storie in cui i personaggi svolgono ruoli d'azione, significando gli anime pur sempre intrattenimento e spettacolarità.[37]
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Leggende mitologiche di tradizione shintoista (opera dell'artista Kuniyoshi Utagawa, XIX secolo).


Il bushidō [modifica]

Altro fattore che porta negli anime tradizioni, aneddoti e situazioni è senz'altro l'etica marziale riconducibile fondamentalmente a quel complesso codice di comportamento costituito dal bushi-dō, la via del nobile guerriero.[38] Le storie degli anime tendono in particolare ad unire gli aspetti del bujutsu (武術,, 'la tecnica e l'abilità marziale'?) e del budō (武道,, 'la via marziale che conduce alla pace'?) per fornire il giusto grado di spettacolarizzazione dei combattimenti, ma anche per rappresentare il percorso morale e formativo del protagonista.[39] Tuttavia, considerato che il bushidō è connotato dalla presenza di qualità morali guida, quali la giustizia, il senso del dovere, la lealtà, la compassione, l'onore, l'onestà ed il coraggio, è bene tener presente che esso fa da sfondo culturale non solo agli anime che in qualche modo siano incentrati sul combattimento, sul conflitto oppure direttamente ambientati nel Giappone feudale, ma anche a molte storie di vita ordinaria, vissute tra i banchi di scuola come tra le mura domestiche.[40] È infatti lo shugyō (修行, shugyō?), il severo tirocinio praticato dal bushi (o budōka) per arrivare al dominio di sé ed all'autodisciplina, a caratterizzare il percorso e l'evoluzione dei protagonisti degli anime, spesso impegnati in imprese che mettono a dura prova le loro risorse interiori e che richiedono loro di superare le proprie paure e debolezze.[41] Talvolta, poi, il fine ultimo di tale percorso, passando per il controllo del ki (氣 oppure 气, ki?), l'energia interiore, è addirittura l'acquisizione di una consapevolezza della vacuità della realtà che porti a rinunciare alle pretese dell'ego e ad apprezzare la caducità dell'esistenza materiale, così che nemmeno la morte sia più motivo di timore.[42] Tuttavia, prodromica a questa rinuncia è anche la ricerca e la definizione da parte dell'eroe della propria identità, in contrapposizione alla pretesa omologante della società.[43]
Senpai e kōhai [modifica]

Il cammino del budōka, però, di regola non può avere inizio senza una guida, sia essa rappresentata da un genitore o da un maestro (先生,, sensei?) poco importa, che indichi la via con il proprio comportamento.[44] Questo rapporto, nella società giapponese, è normalmente rappresentato dalla coppia senpai-kōhai, dove il primo è "colui che ha iniziato prima", ed il secondo "colui che ha iniziato dopo". Tale relazione, che implica rispetto e devozione del kōhai verso il senpai, ma anche che questi sia effettivamente in grado di consigliarlo ed indirizzarlo nella vita, può individuarsi pressoché in ogni contesto sociale, dalla scuola al lavoro, dallo sport alla politica, ed inevitabilmente si riflette anche negli anime, dove spesso costituisce il rapporto principale tra i personaggi.[45]
Il giri, ovvero il senso del dovere [modifica]

Per la mentalità giapponese, dunque, la vera forza consiste nel non curarsi della propria personale felicità allo scopo di perseguire un ideale ed adempiere un dovere.[46] Il giri è appunto il dovere di saldare un debito, che può essere nei confronti del proprio sovrano, dei genitori, degli antenati e finanche nei confronti del proprio nome, ma che nelle storie di molti anime arriva ad essere nei confronti del mondo intero, rispetto al quale il protagonista, superando spesso i propri sentimenti personali ed a dispetto dell'isolamento che la sua inevitabile diversità comporta, assume la responsabilità di salvatore fino all'estremo sacrificio di sé (我慢,, gaman?).[47] Ciò, tuttavia, in un'ottica assolutamente laica, in quanto la moralità è un concetto proprio dell'uomo, laddove l'universo è considerato dai giapponesi amorale ed indifferente.[48] Gli esempi negli anime di una tale impostazione culturale sono innumerevoli, ed i più facili da individuare si trovano certamente in quel ricchissimo filone robotico (mecha) fiorito negli anni settanta ed ottanta e che, seppur con sfumature diverse, si è perpetuato fino ad oggi. Ma non solo, perché anche serie come Saint Seiya (I Cavalieri dello zodiaco) tratta dal manga di Masami Kurumada, per dirne un'altra tra le tante, ne costituiscono un chiaro derivato.[49]
Uomo, natura e tecnologia [modifica]

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Emissione filatelica delle poste giapponesi dedicata a scienza, tecnologia ed animazione.


Quanto detto a proposito della tradizione shintoista è utile per illustrare anche come la complessa discussione sul rapporto tra natura e tecnologia da lungo tempo in atto nella società giapponese (ma anche nel mondo tutto) si rifletta negli anime. Se da un lato, infatti, la tecnologia viene talvolta rappresentata come positiva per l'uomo, laddove gli garantisce maggiore benessere e sviluppo, per non dire di quando lo salva da terribili minacce, d'altro canto essa, in altre opere, si trasforma nella peggiore sciagura, in quanto causa di devastazione ambientale o, addirittura, fautrice della distruzione totale. Rispetto a questa ambivalenza esiste poi una posizione di sintesi, rinvenibile in quelle opere in cui questa duplice valenza positiva e negativa si manifesta contestualmente, con un risultato drammatico spesso paradossale: il danno causato dalla tecnologia solo attraverso di essa può essere riparato.[50] Anche qui gli esempi più immediati si incontrano nel genere mecha, specie per quanto riguarda la tecnologia nella sua valenza salvifica (si pensi alle opere di Go Nagai), mentre la sua stigmatizzazione, per le caratteristiche disarmoniche rispetto alla natura che le sono proprie, si ritrova sovente nell'opera di autori come Hayao Miyazaki e Tatsuo Yoshida.[51] Sotto altro profilo, il rapporto uomo-tecnologia, in particolare, costituisce anche il versante privilegiato attraverso il quale gli anime recepiscono e rielaborano la modernità, risultando in definitiva un connubio inscindibile di antico e di nuovo.[52]


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santa wikipedia ::emoji_relieved:

c'è davvero scritto tutto! bravo ignà! ^^