Guida Come fare testamento [LOL]

LoLLoPoWa

Utente Esperto
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5 Agosto 2010
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Il testamento è definito dall’art. 587 del codice civile come l’atto col quale una persona dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte o di parte delle proprie sostanze; infatti, contrariamente a quanto previsto dal diritto romano (nel quale trovava applicazione il principio nemo pro parte testatus pro parte intestatus decedere potest, ossia nessuno può morire avendo fatto testamento soltanto per una parte dei propri beni, per cui se il testamento prevedeva un solo erede, e per una parte dei beni, questi ereditava l’intero patrimonio), il nostro ordinamento prevede che si possa disporre, attraverso questo atto di ultima volontà, soltanto di una parte del patrimonio, lasciando alla successione legittima la destinazione dei beni non compresi nel testamento.

L’esistenza o meno di un patrimonio nella disponibilità del de cuius (dall’espressione latina de cuius ereditate agitur, ossia colui della cui eredità si tratta) non incide sulla validità del testamento, poiché questa condizione non è prescritta da alcuna norma di legge; peraltro, di tale patrimonio possono far parte non solo i beni che appartengono al testatore al momento della morte, ma anche l’eventuale diritto di veder riconosciuta la proprietà su beni che apparentemente appartengono ad altri; nel qual caso l’erede istituito è legittimato a proporre tutte le azioni che avrebbe potuto iniziare il suo dante causa per conseguire la proprietà contestata, nonché a coltivare tutte le azioni che quest’ultimo aveva già proposto (Cassazione 19/3/2001, n. 3939).

Non è detto poi che il testamento abbia sempre, in tutto o in parte, contenuto patrimoniale; esso, infatti, può avere contenuti di altro tipo: si pensi al riconoscimento di un figlio naturale, alla riabilitazione di un indegno, alla formulazione di princìpi morali (cosiddetto testamento spirituale). S’inquadra in questo ambito il testamento biologico (living will secondo la terminologia del diritto statunitense, dal quale è stato mutuato), attualmente allo studio del legislatore, che è quello contenente le disposizioni del testatore sull’attuazione o meno dell’accanimento terapeutico qualora dovesse perdere conoscenza a causa di un male incurabile; esso dev’essere controfirmato da un medico e ha una scadenza prefissata, rinnovabile.

Sempre in questa ottica rientrano lo ius eligendi sepulcrum e le disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri.
Lo ius eligendi sepulcrum è il diritto, riconosciuto alla persona, di scegliere le modalità e il luogo della propria sepoltura. La volontà può essere espressa sia in modo formale (appunto attraverso il testamento, giovandosi della possibilità offerta da secondo comma art. 587 c.c.), sia in modo informale: per esempio conferendo mandato a un prossimo congiunto (cosiddetto mandato post mortem exequendum, ossia da eseguire dopo la morte del mandante), come previsto da Cass. 23/5/2006, n. 12143.

Quanto alle disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri, esse non hanno effetto se i familiari presentano una dichiarazione autografa del defunto contraria alla cremazione, fatta in data successiva a quella della disposizione testamentaria (art. 3 L. 30/3/2001, n. 130).

Il testamento è un atto strettamente personale, nel senso che non ammette quel diffuso istituto giuridico che è la rappresentanza: non si può, quindi, delegarne i contenuti ad altra persona. E’, inoltre, solenne, poiché dev’essere redatto seguendo le forme rigorosamente stabilite dalla legge, diverse, come vedremo, a seconda del tipo di testamento. Infine è revocabile, dal momento che il de cuius può, fino all’ultimo, annullare in tutto o in parte le disposizioni contenute in un precedente testamento, parlandosi rispettivamente di revoca totale e di revoca parziale.

La revoca del testamento può inoltre essere espressa (ossia manifestata con apposita dichiarazione del testatore contenuta in un nuovo testamento o in un atto ricevuto da notaio in presenza di due testimoni, art. 680 c.c.) e tacita, vale a dire tradotta in atti incompatibili con una precedente disposizione testamentaria, atti che la legge indica nel testamento posteriore (art. 682 c.c.), nella distruzione del testamento olografo (art. 684 c.c.), nel ritiro del testamento segreto olografico (art. 684 c.c.), nel ritiro del testamento segreto (art. 685 c.c.) e nell’alienazione o nella trasformazione della cosa legata (art. 686 c.c.); quest’ultima forma di revoca tacita del testamento si riferisce, però, alle sole disposizioni a titolo particolare e non a quelle a titolo universale, che non sono assoggettabili a revoca con tale mezzo (Cass. 26/11/1987, n. 8780). Se il de cuius aveva redatto il testamento in duplice copia, il fatto che ne abbia distrutta una non equivale a revoca del testamento (Cass. 28/12/2009, n. 27395). L’alienazione della cosa legata posta in essere dal testatore in stato d’incapacità naturale non comporta revoca del legato (App. Catanzaro 5/7/1986); legato che non si considera revocato tacitamente per incompatibilità col testamento posteriore neppure nel caso in cui il testatore, avendo disposto dei propri beni a favore dei suoi cugini, nominandoli eredi universali in parti uguali, abbia, con precedente testamento, attribuito un legato a favore di un terzo (Trib. Aosta 2/6/1980).

Il citato art. 684 c.c. precisa che il testamento olografo distrutto, lacerato o cancellato, in tutto o in parte, si considera revocato in tutto o in parte, a meno che non si provi che fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, o che il testatore non ebbe l’intenzione di revocarlo.

Sempre in fatto di revoca tacita, segnatamente con riferimento al caso in cui fra le disposizioni contenute nel testamento successivo e quelle ospitate nel testamento precedente vi sia incompatibilità, questa (Cass. 2/11/1983, n. 6745) può essere oggettiva o intenzionale. Sussiste incompatibilità oggettiva quando, indipendentemente da un intento di revoca, sia materialmente impossibile dare contemporanea esecuzione alle disposizioni contenute nel testamento precedente ed a quelle contenute nel testamento successivo; si ha invece incompatibilità intenzionale quando, esclusa tale materiale inconciliabilità di disposizioni, dal contenuto del testamento successivo è dato ragionevolmente desumere che la volontà del testatore è nel senso di revocare, in tutto o in parte, il testamento precedente, e dal raffronto del complesso delle disposizioni o di singole disposizioni contenute nei due atti è dato risalire ad un atteggiamento della volontà del de cuius incompatibile con quello che risultava dal precedente testamento.

In particolare, il testamento posteriore che non revochi in modo espresso quelli eventualmente redatti in precedenza annulla, di questi, soltanto le disposizioni che siano con esso incompatibili (Cass. 20/8/2002, n. 12285); pertanto, se si vuole annullare completamente un precedente testamento, questa volontà dev’essere indicata nel testamento successivo in modo chiaro, inequivocabile. Se invece il testamento olografo, che revoca altro testamento olografo, viene poi revocato, riacquista valore ed efficacia il testamento originario (Cass. 7/2/1993, n. 3196).

Qualora, poi, la revoca del testamento sia inserita in un testamento posteriore contenente anche disposizioni attributive, non è sufficiente la successiva, generica revoca di quest’ultimo affinché possa ritenersi revocata anche la revoca in esso contenuta, essendo dubbio, in tal caso, se l’intenzione del revocante sia stata quella di rimanere intestato oppure quella di far rivivere le primitive disposizioni; si deve quindi accertare, attraverso una rigorosa interpretazione delle espressioni usate nell’atto, senza il sussidio di elementi estrinseci, se la dichiarazione di revoca del testamento investa espressamente, o meno, anche la clausola revocatoria in esso racchiusa, con l’avvertimento che, nel dubbio, deve propendersi per la soluzione negativa e ritenersi inapplicabile il disposto dell’art. 681 c.c. (Cass. 3/5/1997, n. 3875), il quale dispone che la revoca totale o parziale di un testamento può essere a sua volta revocata, col risultato di far rivivere le disposizioni revocate. Il rinvenimento del testamento tra le carte di rifiuto non è motivo per dedurne la sua intervenuta revoca (Tribunale di Viterbo 14/4/1987).

In due casi il testamento (ma lo stesso dicasi del legato) è revocato di diritto (art. 687 c.c.): quando le disposizioni provengano da chi, al tempo del testamento, non aveva o ignorava di avere figli o discendenti, e si accerta l’esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente legittimo del testatore, anche se postumo, legittimato o adottivo, oppure viene riconosciuto un figlio naturale (questa regola non si applica se il testatore aveva previsto, e disposto di conseguenza, questa situazione). Ai fini della revoca di diritto delle disposizioni testamentarie, la dichiarazione giudiziale di paternità, ha precisato la Cassazione con sentenza n. 1935 del 9/3/1996, va equiparata al riconoscimento volontario del figlio naturale.