Uccide la moglie e il padre, poi si spara. "ho troppi problemi di salute"

Rapinder

Utente Esperto
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19 Settembre 2011
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VERONA - Sette colpi di pistola per mettere la parola fine a quell'ansia per la salute dei suoi cari che ormai lo ossessionava. Potrebbe nascondersi in questa paura, probabilmente immotivata, la molla che oggi ha spinto un commerciante di funghi 66enne di Verona, Dario Fusini, ad uccidere la moglie, 74enne, e l'anziano padre invalido, prima di farla finita a sua volta con una semiautomatica cal.45.
Il dramma si è consumato in due fasi: prima a Negrar (Verona), nella villetta bifamiliare dove Fusini viveva con Luciana Roveda, sposata in seconde nozze dieci anni fa; poi a Verona, nell'appartamento del quartiere Santa Lucia dove il genitore, Luigi Fusini, 99 anni, costretto su una sedia a rotelle, viveva assistito da una badante.
È stato lo stesso killer, prima di spararsi, a chiamare il 113 per una drammatica comunicazione: «qui c'è un cadavere - ha detto l'uomo - e fra un pò ce ne sarà un altro...». Quindi, dopo aver scaricato tre proiettili sulla moglie e altri tre sul padre, ha premuto il grilletto per la settima volta, suicidandosi. In casa c'era anche la badante che assisteva l'anziano; ma la donna si trovava in un'altra stanza e non avrebbe assistito all'omicidio-suicidio. Eccettuata l'ossessione per i malanni di salute, forse solo temuti, non sembrano esservi al momento altre ragioni che spieghino il raptus di follia di Fusini.
Gli amici e i conoscenti dicono che lui e la moglie «sembravano ancora come una coppia di fidanzati». E c'è chi, tra gli amici, non crede nemmeno alla fobia per le condizioni di salute dei suoi: «se lui o la moglie avessero avuto problemi veramente seri ce lo avrebbe confidato» spiegano. Il padre Luigi, che in passato aveva guidato un'impresa edile nota a Verona, pativa gli acciacchi tipici di un centenario, ma non avrebbe avuto gravi patologie.
Il figlio lo accudiva quotidianamente, e in più si occupava della gestione del patrimonio, quello di una famiglia non ricca ma benestante. L'universo di questo piccolo commerciante, che vendeva i frutti della fungaia posseduta a Sommacampagna (Verona), si è frantumato stamane, verso le 10.
L'uomo, secondo la ricostruzione della polizia e dei carabinieri, ha impugnato la pistola semiautomatica che possedeva legalmente ed ha raggiunto la moglie nella taverna della casa: ha aperto il fuoco tre volte, con colpi indirizzati allo stomaco. Poi è salito in macchina e in meno di un'ora si è portato nella casa paterna, in quartiere Santa Lucia. Li è entrato nella stanza da letto del padre e l'ha freddato con altri tre colpi. Infine la chiamata al 113, per annunciare cosa aveva fatto e cosa stava per fare, prima di puntarsi la pistola sotto la gola e fare fuoco.
Ora spetterà agli investigatori e al magistrato cercare di capire se quelle frasi sulla paura della malattia e del futuro contenute nei due scritti trovati a Negrar, uno indirizzato ai figli ed uno alle forze dell'ordine, possano spiegare tanta cieca violenza.

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